
Edgardo Sogno: una vita tra Resistenza, anticomunismo e mistero
Pubblicata il 03/06/2025
La storia di Edgardo Sogno Rata del Vallino di Ponzone è una delle più avventurose e controverse del Novecento italiano. Nato conte a Torino nel 1915 e morto nel 2000, Sogno attraversò da protagonista la Seconda guerra mondiale, la Resistenza e la lunga stagione della Guerra Fredda. Fu celebrato come eroico partigiano e diplomatico, ma anche sospettato come cospiratore anticomunista. Amato e odiato da opposti schieramenti politici, la sua biografia resta ancora oggi fonte di dibattito e affascina per i suoi colpi di scena .
Infanzia, studi e prime scelte di guerra
Edgardo Sogno nacque a Torino il 29 dicembre 1915 in una famiglia nobile piemontese. Suo padre Adolfo apparteneva all’antica nobiltà terriera biellese (i conti Rata del Vallino di Ponzone), mentre la madre Laura Piatti proveniva da una solida famiglia borghese di costruttori edili . Cresciuto in un ambiente monarchico e cattolico, fu educato dai Gesuiti e mostrò presto un carattere indipendente e avventuroso. A soli 17 anni entrò nella scuola allievi ufficiali di cavalleria a Pinerolo, diventando sottotenente del prestigioso reggimento “Nizza Cavalleria” . Nel frattempo proseguì gli studi laureandosi in giurisprudenza all’Università di Torino nel 1937 (tra i suoi docenti vi era Luigi Einaudi, futuro Presidente della Repubblica) .
Nonostante una certa ostilità personale verso il regime fascista – che Sogno giudicava retorico e oppressivo delle libertà – il giovane conte non esitò a mettersi in gioco nei conflitti dell’epoca . Ventenne, partecipò come volontario alla guerra coloniale in Etiopia (1935-36) e poco dopo, nel 1938, partì volontario per la Guerra civile spagnola . In Spagna Sogno scelse di combattere a fianco delle forze nazionaliste del Generale Franco, motivate dall’anticomunismo, e per il coraggio dimostrato ottenne una medaglia di bronzo al valor militare . Questa scelta paradossale – combattere il bolscevismo all’estero pur detestando il fascismo in patria – prefigurava già la sua visione liberale antitotalitaria, che equiparava i pericoli delle dittature di destra e del comunismo sovietico . Sogno avrebbe infatti interpretato tutto il corso del Novecento come una battaglia in difesa dei valori di libertà individuale contro ogni totalitarismo.
Rientrato in Italia nel 1939, il vulcanico Edgardo non si fermò: conseguì altre due lauree (in lettere e in scienze politiche) e iniziò a scrivere di economia su giornali come Il Telegrafo e Il Corriere Adriatico . Sognava la carriera diplomatica, ma fallì per due volte il difficile concorso di accesso al Ministero degli Esteri . Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, pur essendo contrario all’alleanza dell’Italia con la Germania nazista, Sogno scelse ancora una volta l’azione: nell’estate 1942 chiese di partire volontario con il corpo di spedizione italiano in Russia . La famiglia, preoccupata per la sua sorte, riuscì però a trattenerlo: invece del fronte orientale, Edgardo venne assegnato a compiti di presidio nella Francia meridionale occupata. Fu così destinato alla città di Nizza, di fatto “al sicuro” presso il suo vecchio reggimento, con l’incarico di sorvegliare le coste contro possibili sbarchi alleati .
Tuttavia, neanche il tranquillo servizio a Nizza spense il suo spirito ribelle. Assistendo con orrore alle deportazioni di ebrei compiute dai nazisti nella zona, Sogno espresse apertamente il desiderio di una vittoria degli Alleati. Questa sua manifesta simpatia per il nemico gli costò cara: venne denunciato ai superiori, accusato di alto tradimento e nel 1943 confinato in arresti domiciliari a Torino per un mese e mezzo . Pochi ufficiali italiani osavano tanto sotto il regime di Mussolini. Quell’episodio segnò una frattura definitiva: Sogno, monarchico per educazione e leale alla corona, era ormai pronto a schierarsi contro il fascismo e il nazismo.
Partigiano nella Resistenza
L’armistizio dell’8 settembre 1943 colse Sogno a Torino, ancora tenente del Regio Esercito . In quei giorni drammatici l’Italia precipitò nel caos: il governo Badoglio e il re Vittorio Emanuele III fuggirono al Sud sotto protezione anglo-americana, mentre al Nord nacque la Repubblica Sociale Italiana fascista e i tedeschi occuparono gran parte del paese. Sogno non esitò: deciso a continuare la lotta contro i nazifascisti, si mise in viaggio avventuroso verso sud. Raggiunse Brindisi, dove si presentò al ricostituito Esercito Cobelligerante Italiano offrendo i propri servigi alla causa degli Alleati e della monarchia .
Grazie al suo background militare e alle conoscenze nell’ambiente antifascista liberale, Sogno venne coinvolto in operazioni speciali. Gli Alleati anglo-americani organizzavano missioni di collegamento con la Resistenza italiana, e Sogno fu ritenuto l’uomo giusto per una di queste. Nel tardo 1943 fu inviato ad Algeri e addestrato dagli inglesi della “Number 1 Special Force” (unità del SOE, Special Operations Executive) . Pochi mesi dopo, nel gennaio 1944, Edgardo Sogno fu paracadutato di notte nel Nord Italia, iniziando la sua avventura da agente segreto e partigiano sul campo . Scelse come nome di battaglia “Franco Franchi”, presto abbreviato in Comandante Franchi, identità con cui sarebbe diventato leggendario.
La missione di Sogno nella Resistenza fu duplice: militare e politica. Da un lato egli organizzò una propria formazione partigiana, denominata Organizzazione Franchi dal suo pseudonimo, composta in gran parte da ex militari fedeli al re e da volontari di orientamento liberale e monarchico . Questa brigata partigiana “azzurra” operava soprattutto nel Piemonte, in Liguria e Lombardia, in collegamento diretto sia con il Comando Militare del governo Badoglio sia con gli ufficiali britannici dell’SOE . Dall’altro lato, Sogno fungeva da collegamento operativo tra gli Alleati e le varie formazioni partigiane autonome o di altri partiti, contribuendo a coordinare gli sforzi verso l’obiettivo comune della liberazione nazionale .
Nei venti mesi successivi Sogno visse da protagonista nella guerra clandestina del Nord. Le sue memorie e i documenti resistenziali narrano di missioni spericolate portate a termine con successo: rifornì di armi i partigiani grazie a lanci aerei alleati, organizzò scambi di prigionieri e salvataggi di personale alleato dietro le linee nemiche, eseguì sabotaggi e azioni di guerriglia contro installazioni tedesche . In più occasioni attraversò furtivamente il fronte per portare dispacci e accompagnare emissari del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) dall’Italia occupata a quella liberata, e viceversa . Data la sua formazione e le sue doti, il Comandante Franchi rappresentava la componente liberal-monarchica nel variegato mondo partigiano: per questo fu inserito nel Comando Militare del CLNAI (Alta Italia) come delegato del Partito Liberale. Nel novembre 1944 Sogno fece persino parte della delegazione (insieme a Ferruccio Parri, Giancarlo Pajetta e Alfredo Pizzoni) inviata a Roma per trattare con gli Alleati il coordinamento finale della lotta di liberazione .
Ma la sua esperienza partigiana fu segnata anche da momenti drammatici. Catturato due volte dai nazifascisti, Sogno riuscì a cavarsela sempre al limite. La prima cattura avvenne a Genova nel marzo 1944: riconosciuto e arrestato dalla Gestapo, il “comandante Franchi” riuscì ad evadere rocambolescamente dal carcere, tornando immediatamente alla macchia . La seconda volta fu a Milano nei primi mesi del 1945 e mise alla prova tutto il suo coraggio: deciso a liberare il leader azionista Ferruccio Parri, imprigionato dai tedeschi, Sogno escogitò un piano audace. Si infiltrò nel luogo di prigionia travestito da ufficiale delle SS, fingendo di recare ordini speciali, con l’intenzione di sorprendere i carcerieri e portare via Parri. Sfortunatamente qualcosa andò storto: riconosciuto come impostore, Sogno fu sopraffatto, arrestato e brutalmente torturato dai nazisti . Per precauzione i tedeschi lo deportarono quindi nel campo di concentramento di Bolzano nell’Alto Adige, dove rimase prigioniero fino alle ultime ore della guerra . Quando il campo fu liberato a fine aprile 1945, Edgardo Sogno era provato nel fisico ma salvo – pronto a rientrare in una patria finalmente libera, alla cui Liberazione aveva contribuito in modo tanto coraggioso quanto indipendente.
Per il suo eccezionale contributo alla Resistenza, Sogno ricevette nel dopoguerra la Medaglia d’oro al Valor Militare, massima onorificenza italiana al valore, con una motivazione che celebrava il suo “audace fervore” e la freddezza dimostrata anche di fronte alla cattura . Eppure, finita la guerra, la figura di Sogno non fu esente da polemiche. Se tutti gli riconoscevano coraggio personale e spirito antifascista, alcuni compagni partigiani lo consideravano un individualista avventuriero, altri sospettavano fosse manovrato dagli inglesi, altri ancora già vedevano in lui un anticomunista più che un patriota, preoccupato di arginare l’influenza delle brigate comuniste . In effetti Sogno – monarchico liberale – visse la Resistenza più come guerra di liberazione nazionale che come rivoluzione partigiana: collaborò lealmente con gli altri gruppi, ma diffidava delle derive rivoluzionarie e dei progetti politici estremisti (fossero essi dei fascisti o dei comunisti) . Questa sua visione “risorgimentale” della lotta di Liberazione avrebbe influenzato anche il suo controverso ruolo pubblico negli anni successivi.
Attivismo anticomunista nel dopoguerra
Nel dopoguerra Edgardo Sogno faticò a trovare un posto nella nuova Italia repubblicana. Convinto sostenitore della monarchia sabauda, visse con dolore il risultato del referendum del giugno 1946 che sancì la nascita della Repubblica. In quei convulsi giorni post-bellici, Sogno arrivò a ipotizzare azioni eversive per ribaltare l’esito referendario: propose addirittura all’ex re Umberto II un colpo di Stato utilizzando le truppe polacche del generale Anders (all’epoca presenti in Italia e fieramente anticomuniste) per restaurare la monarchia . L’idea era temeraria e non ebbe seguito – il giovane Stato italiano si stava ormai consolidando – così Sogno ripiegò su metodi legali tentando un ricorso in Cassazione contro i risultati elettorali, anch’esso destinato al fallimento . Questi episodi, poco noti, rivelano però la mentalità di Sogno: un uomo disposto ad azioni straordinarie pur di contrastare quelli che egli percepiva come pericoli mortali per la libertà (fosse il fascismo prima o il comunismo poi).
Con la monarchia in esilio e l’Italia incamminata verso la Prima Repubblica, Sogno decise di servire il Paese in un altro modo: realizzò finalmente il sogno della carriera diplomatica. Nel 1947 entrò al Ministero degli Esteri e negli anni seguenti fu destinato a ruoli di crescente importanza all’estero . Ma il fuoco della battaglia politica non si era affatto spento in lui. Parallelamente al lavoro diplomatico, Sogno iniziò a tessere la sua personale crociata contro il nuovo nemico: il comunismo. L’Italia della fine degli anni ’40 era teatro di un aspro confronto ideologico tra il blocco filo-occidentale e le forze di sinistra legate all’Unione Sovietica. Il PCI (Partito Comunista Italiano), forte del prestigio della Resistenza, raccoglieva ampi consensi popolari; allo stesso tempo, il governo centrista guidato dalla Democrazia Cristiana, con l’appoggio degli Stati Uniti, cercava di contenerne l’ascesa. In questo scenario Sogno divenne un protagonista occulto della “guerra fredda” italiana, convinto che fosse necessario organizzarsi per evitare che la penisola scivolasse nella sfera sovietica come accaduto a molti Paesi dell’Est Europa .
Nel 1950 Sogno elaborò – con l’appoggio di figure chiave del governo come il ministro degli Esteri Carlo Sforza e il ministro dell’Interno Mario Scelba – un progetto chiamato “Atlantici d’Italia”. L’idea era creare una struttura paramilitare segreta di supporto alle forze dell’ordine, pronta a contrastare un’eventuale insurrezione comunista sul modello di quelle viste nell’Europa orientale . Da questa iniziativa embrionale sarebbero poi nati, alcuni anni dopo, i nuclei della famosa Organizzazione Gladio, la rete clandestina promossa dalla NATO in chiave anti-sovietica . Contemporaneamente Sogno concentrò gli sforzi sul fronte della propaganda anticomunista: nel luglio 1953 fondò il Comitato Italiano per la Difesa Psicologica e a dicembre lanciò un nuovo movimento politico, “Pace e Libertà”, dedicato proprio a combattere l’influenza comunista nell’opinione pubblica . Generosamente finanziato da grandi industriali come la FIAT, Pace e Libertà diffuse per alcuni anni una massiccia contro-propaganda: pubblicò inchieste sui finanziamenti di Mosca al PCI, denunciò le infiltrazioni comuniste nei sindacati e presentò il comunismo come una minaccia totalitaria non dissimile dal fascismo . Tra i collaboratori della rivista Pace e Libertà figurò anche Giorgio Pisanò, ex militante della Repubblica di Salò poi divenuto ferreo anticomunista – segno che per Sogno ogni alleanza era lecita pur di arginare il “pericolo rosso” .
L’attivismo internazionale di Edgardo Sogno in quegli anni lo portò perfino oltre i confini nazionali. Nell’autunno 1956, quando l’Ungheria insorse contro il dominio sovietico e fu stroncata dai carri armati di Mosca, Sogno accorse in aiuto degli insorti magiari: da una base segreta a Vienna coordinò l’invio di aiuti finanziari e supporto logistico ai patrioti ungheresi, nel disperato tentativo di sostenere la loro causa di libertà . Erano azioni non ufficiali, parallele alla diplomazia, che dimostrano la rete di contatti internazionali di cui Sogno disponeva e la sua dedizione alla lotta contro il comunismo su scala europea.
Verso la fine degli anni ’50, però, il clima politico italiano iniziò a cambiare. La Democrazia Cristiana si aprì gradualmente a una collaborazione con il Partito Socialista (PSI), segnando l’avvio della stagione di centro-sinistra. Questa svolta moderata ridusse l’isolamento del PCI ma al contempo rese meno giustificabile, agli occhi dell’opinione pubblica, l’estremismo delle campagne anticomuniste come quelle di Sogno. Inoltre, con l’attenuarsi delle tensioni immediate, parte degli appoggi e finanziamenti di cui Sogno godeva vennero a mancare . Forse percependo di aver perso il sostegno dei vertici governativi, Sogno decise di concentrarsi sulla carriera diplomatica: tra la fine degli anni ’50 e i ’60 rimase lontano dall’Italia, ricoprendo incarichi di rilievo nelle ambasciate in capitali estere e guadagnandosi stima per le sue capacità professionali. La sua parabola diplomatica raggiunse l’apice alla fine degli anni ’60, quando fu nominato Ambasciatore d’Italia in Birmania, a Rangoon .
Complotto mancato e processo: il “golpe bianco”
All’inizio degli anni ’70, Edgardo Sogno tornò sotto i riflettori della politica interna. L’Italia stava entrando in un periodo turbolento, segnato da forti conflitti sociali, terrorismo di destra e di sinistra (i cosiddetti “opposti estremismi”) e dall’avanzata elettorale delle sinistre. Il Partito Comunista, guidato da Enrico Berlinguer, toccava i suoi massimi storici e premeva per entrare nell’area di governo tramite lo “storico compromesso” con la DC. Per un irriducibile anticomunista come Sogno, quel contesto rappresentava l’incubo di una vita: era convinto che l’Italia fosse a un passo da una svolta filososvietica. Tornato in patria, nel 1971 Sogno fondò i “Comitati di Resistenza Democratica”, una nuova organizzazione politica con l’obiettivo dichiarato di fermare l’ascesa del PCI e riformare lo Stato in senso presidenzialista sul modello della Francia di De Gaulle . Attorno a Sogno si raccolsero personaggi eterogenei: ex partigiani “bianchi” (monarchici, liberali, repubblicani come l’ex ministro Randolfo Pacciardi), ufficiali delle forze armate preoccupati per l’ordine pubblico, notabili conservatori e persino membri di settori segreti dello Stato. La parola d’ordine era fermare “con ogni mezzo” la minaccia comunista.
Il tono acceso e militante di Sogno, però, destò subito sospetti e timori negli ambienti democratici. I suoi comitati vennero accusati da alcuni giornali di collusione con l’estrema destra eversiva – proprio mentre in Italia esplodevano bombe neofasciste – e di voler essi stessi sovvertire la democrazia in nome dell’anticomunismo . Del resto, la linea da lui sostenuta era ambigua: per difendere lo Stato democratico dalle derive autoritarie rosse, fino a che punto era lecito spingersi in metodi autoritari? Il rischio, denunciavano i critici, era che Sogno e i suoi finissero per somigliare ai nemici che volevano combattere, limitando libertà e diritti in nome dell’anticomunismo .
Nel 1974 la situazione precipitò. A fine agosto di quell’anno, mentre l’Italia era scossa da attentati e tensioni politiche, la magistratura di Torino spiccò un’accusa di cospirazione politica contro Edgardo Sogno e alcuni suoi collaboratori, ipotizzando un piano per un colpo di Stato noto presto come il “golpe bianco” . Secondo l’inchiesta, Sogno e l’ex ministro Randolfo Pacciardi avrebbero preparato un intervento militare per “forzare la mano” al Presidente della Repubblica Giovanni Leone, costringendolo a formare un governo di salute pubblica che escludesse i comunisti e riformasse la Costituzione in senso presidenziale . L’operazione, ispirata dall’ombra del colpo di Praga del 1948 (quando i comunisti presero il potere in Cecoslovacchia), non sarebbe mai andata oltre le fasi organizzative e di reclutamento di complicità nelle forze armate . Eppure l’allarme fu alto: in piena strategia della tensione, l’idea che settori dello Stato e reduci della Resistenza “bianca” tramassero un golpe anticomunista parve credibile a molti.
Sogno, dal canto suo, negò strenuamente ogni accusa, proclamando di aver sempre agito solo in difesa della democrazia. Ciò non impedì che scattasse contro di lui un provvedimento clamoroso: nel maggio 1976 Edgardo Sogno venne arrestato a Torino su ordine del giudice istruttore Luciano Violante, con l’imputazione formale di aver organizzato e promosso un colpo di Stato, il famigerato “golpe bianco” . Insieme a Sogno finì in carcere anche Luigi Cavallo, un giornalista di destra ritenuto dai magistrati uno degli ideatori del piano. L’incarcerazione di un eroe della Resistenza con l’accusa di eversione fece scalpore. Il processo, celebrato negli anni successivi, si concluse tuttavia con un nulla di fatto: nel 1978 Sogno fu pienamente assolto “perché il fatto non sussiste”, ovvero per totale insufficienza di prove di un concreto tentativo insurrezionale . In sostanza, per la giustizia italiana il complotto non era mai andato oltre le intenzioni.
Sogno interpretò quella vicenda come una persecuzione politica nei suoi confronti, sostenendo che la sinistra avesse voluto vendicarsi di lui screditandolo . E in effetti, a suo favore depose anche l’opinione di un noto giornalista conservatore come Indro Montanelli, che definì le accuse di golpismo del 1974-76 “una delle tante bufale inventate in quegli anni caldi dalle sinistre contro chi le avversava” . Tuttavia, la piena assoluzione non chiuse il dibattito sul golpe bianco. Anni dopo, ormai prossimo alla morte, Edgardo Sogno ammetterà lui stesso alcuni dettagli inquietanti. Nel libro-intervista “Testamento di un anticomunista” (pubblicato postumo nel 2000), Sogno rivelò che effettivamente il suo “piano di difesa nazionale” prevedeva uno “strappo istituzionale”: in caso di avanzata del PCI verso il governo, egli era pronto a promuovere un governo alternativo di salute pubblica, sostenuto dall’esercito e da personalità democratiche antimarxiste, per escludere i comunisti dal potere – e persino mettere fuori legge anche i neofascisti, nel tentativo di resettare la politica italiana sulle basi risorgimentali originarie . Sogno insistette che la violenza sarebbe stata usata solo per difesa, e che il suo obiettivo era salvare la democrazia, non instaurare una dittatura . Ma queste rivelazioni tardive sollevano ulteriori interrogativi: fino a che punto il golpe bianco fu una realtà concreta e fino a che punto invece frutto di esagerazione e millanteria di un uomo amareggiato? Lo stesso Sogno, in quelle memorie, non chiarì quanti appoggi reali avesse raccolto né quanti dei personaggi contattati fossero davvero coinvolti o anche solo a conoscenza del piano . Ancora una volta, Edgardo Sogno lasciava dietro di sé un alone di mistero.
Ultimi anni e memoria storica
Dopo la fine del processo, Sogno – seppur assolto – rimase per qualche tempo ai margini della vita pubblica, segnato dalla nomea di personaggio “ingombrante”. Ciononostante, continuò a partecipare al dibattito politico tramite articoli e riviste: diresse le pubblicazioni Politica Militare e Strategia Globale e fondò un Centro Studi Strategici intitolato all’amico ed ex Segretario NATO Manlio Brosio . Sul piano politico, si avvicinò negli anni ’90 alla destra moderata: nel 1996, a 80 anni suonati, si candidò senza successo al Senato come indipendente nelle liste del movimento conservatore Alleanza Nazionale . Erano gli anni in cui, dopo il crollo dell’URSS e la fine della Guerra Fredda, l’anticomunismo di figure come Sogno veniva in parte “riabilitato” agli occhi dell’opinione pubblica. Non a caso, nel novembre 1990 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga – in visita ufficiale a Torino – rese omaggio pubblicamente a Edgardo Sogno, elogiandolo come valoroso comandante partigiano e combattente per la libertà . Era un riconoscimento tardivo, ma significativo: la Repubblica nata dalla Resistenza tributava finalmente onore a uno dei suoi figli più controversi, chiudendo simbolicamente un cerchio.
Targa commemorativa apposta nel 2002 sulla casa natale di Edgardo Sogno a Torino. La lapide lo definisce “leggendario comandante dei Franchi e apostolo della libertà”. Nel nuovo contesto storico, Sogno poté vedere cadere molti pregiudizi sul suo conto. Eppure le polemiche non lo abbandonarono mai del tutto. Ancora negli ultimi anni c’era chi lo considerava un eroe tradito e chi invece non gli perdonava la vicinanza a trame oscure. Lui stesso, in una toccante lettera-testamento inviata agli amici poco prima di morire, ribadì di aver agito sempre “per il bene dell’Italia” e senza rimpianti. Edgardo Sogno si spense il 5 agosto 2000 nella sua Torino, stroncato da un infarto . Aveva 84 anni e alle spalle “sessant’anni di antifascismo e anticomunismo” vissuti intensamente .
Oggi la figura di Sogno rimane oggetto di studi storici e dibattiti appassionati. La sua vita, quasi romanzesca, incarna le tensioni di un’epoca: aristocratico e partigiano, liberale e cospiratore, idealista e uomo d’azione. Forse nessuna definizione univoca gli rende giustizia. Come recita la lapide a lui dedicata a Torino, Edgardo Sogno fu innegabilmente un “apostolo della libertà” – una libertà che difese prima dal nazifascismo e poi dal comunismo – ma fu anche un personaggio scomodo, che non esitò a sfidare i limiti della democrazia in nome della democrazia stessa . Nel bene e nel male, la vicenda umana di Sogno continua a porre domande sulle scelte difficili imposte dalla Storia e sul confine sottile che separa un patriota da un ribelle.
Fonti: La ricostruzione della vita di Edgardo Sogno qui presentata si basa su fonti autorevoli e di prima mano. In particolare, risultano fondamentali la voce biografica di Alessandro Campi nel Dizionario Biografico degli Italiani – Treccani , le memorie e gli scritti dello stesso Sogno (raccolte nell’opera Testamento di un anticomunista, Mondadori 2000 ), nonché documenti e testimonianze dell’epoca riportati dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) . Ulteriori dettagli sul “golpe bianco” provengono dagli atti processuali e da analisi storiche successive . Tali fonti concordano nel delineare un profilo complesso e sfaccettato di Sogno, come si è cercato di illustrare in questo articolo.
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