
Ettore Fieramosca: Eroe della Disfida di Barletta
Pubblicata il 30/05/2025
Chi era Ettore Fieramosca
Ettore Fieramosca (Capua, 1476 – Valladolid, 1515) è stato un condottiero italiano del Rinascimento, passato alla storia per la famosa Disfida di Barletta del 1503 Nato da una famiglia nobile (suo padre Rinaldo era barone di Rocca d’Evandro), ricevette un’educazione cavalleresca e umanistica e sin da giovane intraprese la carriera militare al servizio della corte aragonese di Napoli- Ancora ventenne, già comandava una compagnia di balestrieri a cavallo e combatté contro le truppe francesi di Carlo VIII, distinguendosi in difesa del Regno di Napoli sotto Ferdinando II d’Aragona. Dopo la caduta del regno aragonese (1501) e durante le convulse fasi delle Guerre d’Italia, Fieramosca continuò la sua vita da soldato di ventura, schierandosi a fianco degli spagnoli contro i francesi per il controllo dell’Italia meridionale. Fu in questo contesto che il suo nome divenne leggenda.
Il contesto storico della Disfida
Agli inizi del 1500 l’Italia era teatro di continue invasioni e battaglie tra potenze straniere. In particolare, il Regno di Napoli era conteso tra la Francia di Luigi XII e la Spagna di Ferdinando d’Aragona, con nobili e condottieri italiani spesso costretti a schierarsi dall’una o dall’altra parte. Nel 1503, durante la seconda guerra italiana, la città di Barletta (in Puglia) era occupata dalle truppe ispano-napoletane guidate dal Gran Capitano spagnolo Consalvo da Cordoba. In queste file militavano anche cavalieri italiani, tra cui Ettore Fieramosca da Capua, animati dal desiderio di riscattare l’onore del proprio popolo in un’epoca in cui l’Italia non esisteva come stato unitario ma possedeva già un forte senso di identità culturale.
La tensione con i francesi, anch’essi presenti in zona, sfociò in un episodio destinato a diventare epico: alcuni cavalieri francesi fatti prigionieri dagli spagnoli cominciarono a deridere il coraggio e il valore militare degli italiani. In particolare, il cavaliere francese Charles de Torgues, detto Monsieur de la Motte, catturato in un’imboscata presso Ruvo, accusò pubblicamente di codardia i cavalieri italiani al soldo degli spagnoli. Questo affronto, avvenuto probabilmente durante un banchetto o incontro tra le parti, fu la scintilla che portò alla Disfida di Barletta: un duello collettivo con cui gli italiani intendevano lavare l’onta subita e dimostrare il proprio valore.
La Disfida di Barletta (13 febbraio 1503)
La Disfida di Barletta ebbe luogo il 13 febbraio 1503 nelle campagne tra Andria e Corato, non lontano da Barletta. Da un lato del campo c’erano tredici cavalieri italiani, guidati da Ettore Fieramosca; dall’altro, tredici cavalieri francesi guidati da Monsieur de la Motte. Fu uno scontro cavalleresco all’arma bianca, condotto secondo le regole d’onore del tempo: i duellanti, probabilmente armati di lance, spade e corazze lucenti, si affrontarono in un torneo all’ultimo sangue sotto lo sguardo attento degli eserciti schierati a distanza. I dettagli specifici del combattimento sono tramandati da cronache e dalla leggenda: i cavalli lanciati al galoppo, lo cozzare delle lance contro gli scudi, e poi la mischia concitata con le spade quando alcuni cavalieri furono disarcionati. L’esito fu trionfale per gli italiani: nonostante l’ardore e la fama dei guerrieri francesi, Fieramosca e i suoi compagni ebbero la meglio, riuscendo a sconfiggere gli avversari e a catturarli entro un’ora circa di feroce tenzone. Nessuno dei cavalieri italiani perse la vita, mentre i francesi dovettero arrendersi all’evidenza della sconfitta.
La vittoria nella Disfida di Barletta ebbe un enorme impatto simbolico. Per la prima volta, in un’epoca segnata da divisioni regionali e dominazioni straniere, gli italiani si erano uniti – seppur in piccola scala – per affermare il proprio onore nazionale. Fieramosca, in quanto capo e vincitore, divenne subito un eroe acclamato. Si narra che, dopo lo scontro, egli abbia offerto da bere ai cavalieri francesi sconfitti in segno di cavalleria (un gesto tramandato dalla tradizione, sebbene sia difficile distinguerlo dalla leggenda). In ogni caso, la Disfida entrò immediatamente nella storia come esempio della dignità e del coraggio italiani di fronte all’arroganza straniera.
Dopo la Disfida: la vita di Fieramosca
Dopo l’episodio di Barletta, Ettore Fieramosca proseguì la sua carriera militare. Pochi mesi dopo, nell’aprile 1503, partecipò con le forze ispano-napoletane alla decisiva battaglia di Cerignola, dove gli spagnoli inflissero una storica sconfitta ai francesi. Prese parte anche alla battaglia successiva presso il Garigliano (Gaeta) nel medesimo anno, contribuendo a consolidare la vittoria spagnola nel Regno di Napoli. Come ricompensa per il suo servizio, il re Ferdinando il Cattolico invitò Fieramosca in Spagna: nel 1504 il condottiero guidò una delegazione della sua città natale Capua presso la corte spagnola e ottenne dal sovrano il titolo di conte di Miglionico e barone di Aquara. Sembrava l’inizio di una vita da nobile feudatario, ma le vicende successive presero una piega diversa.
Con la fine della guerra, infatti, il nuovo viceré spagnolo a Napoli, Consalvo da Cordova, decise di restituire molti feudi ai precedenti proprietari per consolidare la pace: così Ettore si vide revocare i titoli appena concessi. Fieramosca reagì con orgoglio a quello che considerava un torto: rifiutò un’indennità compensativa di 600 ducati annui e preferì affrontare il carcere piuttosto che piegarsi alla decisione arbitraria. In seguito, deluso dagli spagnoli, cercò di passare al servizio della Repubblica di Venezia (all’epoca anch’essa in guerra contro l’Impero spagnolo), e nel 1512 combatté nella battaglia di Ravenna sotto il comando di Fabrizio Colonna, rimanendo gravemente ferito. Dopo tante battaglie, il destino di Fieramosca si compì lontano dalla patria: nel 1515 si recò a Valladolid, in Spagna, forse per riconciliarsi con la corte aragonese, ma lì trovò la morte a soli 39 anni, stroncato da una malattia. Curiosamente, non si conosce il luogo esatto della sua sepoltura: per lungo tempo si credette erroneamente che le sue spoglie fossero conservate nell’abbazia di Montecassino, ma in realtà in quell’abbazia riposa suo fratello, Guido Fieramosca.
Un simbolo del coraggio italiano
La Disfida di Barletta assunse sin da subito un carattere simbolico, rappresentando la rivincita dell’onore italiano. In un periodo in cui la penisola era frammentata in vari regni e signorie, quell’episodio accese l’orgoglio in molti italiani dell’epoca, dimostrando che i connazionali potevano tenere testa alle celebri cavallerie straniere. La portata simbolica della Disfida, tuttavia, divenne ancor più significativa nei secoli successivi. Durante il Risorgimento (nel XIX secolo), quando l’Italia lottava per l’unità e l’indipendenza, la figura di Ettore Fieramosca venne elevata a esempio patriottico: egli fu celebrato come l’eroe che aveva saputo unire e guidare gli italiani contro l’arroganza straniera, prefigurando l’idea di un’Italia unita. Lo scrittore Massimo d’Azeglio – patriota egli stesso – nel 1833 pubblicò il romanzo storico “Ettore Fieramosca, o La Disfida di Barletta”, proprio con l’intento di esaltare il sentimento nazionale italiano attraverso le gesta del cavaliere capuano. Il romanzo di d’Azeglio romanticizzò la vicenda, diffondendone la fama presso il grande pubblico ottocentesco e contribuendo a scolpire Fieramosca nell’immaginario collettivo come paladino dell’italianità.
Anche nel Novecento il mito di Fieramosca mantenne il suo vigore simbolico. Durante il periodo fascista, il regime incoraggiò celebrazioni e opere che esaltavano gli eroi della storia nazionale: non a caso, nel 1938 (in piena era mussoliniana) uscì un film in bianco e nero intitolato “Ettore Fieramosca”, diretto da Alessandro Blasetti e interpretato da Gino Cervi, che offriva una versione retorica e propagandistica dell’evento. La Disfida di Barletta era presentata come un’antesignana vittoria italiana, in linea con la retorica nazionalista del tempo. Già prima di allora, la vicenda aveva ispirato due film muti italiani (uno del 1909 e uno del 1915) e persino un’opera lirica composta da Vincenzo Ferroni nel 1896. Segno che l’eco di quell’impresa risuonava forte nell’arte e nella cultura.
Emblematico è che nel 1976, ormai in tempi repubblicani e con tono del tutto diverso, la storia di Fieramosca venne rielaborata in chiave ironica: il celebre attore Bud Spencer vestì i panni del condottiero nel film “Il soldato di ventura”, una commedia avventurosa che rievoca la Disfida con toni scanzonati, quasi a dimostrare che la leggenda di Barletta era talmente radicata nella cultura popolare da poter essere anche oggetto di parodia bonaria. Nonostante i cambi di tono e di prospettiva nelle varie epoche, la figura di Ettore Fieramosca ha continuato a rappresentare, in modo serio o faceto, l’orgoglio e la tenacia italiana.
Eredità culturale e commemorazioni
Oltre che in letteratura, cinema e teatro, Ettore Fieramosca è ricordato anche attraverso monumenti, istituzioni e rievocazioni storiche. Nella sua città natale Capua, ad esempio, gli sono intitolati una scuola pubblica e la via su cui sorge il Palazzo Fieramosca di famiglia; nel 2016, in occasione del restauro di Piazza Umberto I, è stato inaugurato un monumento moderno in bronzo che raffigura l’elmo del cavaliere, a simbolo del legame tra la città e il suo eroe. A Barletta, teatro della Disfida, sorge un monumento dedicato a Ettore Fieramosca, e il suo nome è portato da una scuola media cittadina nonché da una rivista locale (Il Fieramosca)i. Proprio Barletta ogni anno ricorda con orgoglio la storica disfida: l’evento viene celebrato con rievocazioni in costume, cortei storici, mostre e conferenze, specialmente in occasione di ricorrenze importanti. Nel 2014, per il 511º anniversario del duello, l’amministrazione comunale organizzò un ricco programma culturale per tenere viva la memoria dell’evento, definito «un fatto che grazie al romanzo di Massimo d’Azeglio è diventato immortale». Ancora oggi, visitando Barletta, è possibile trovare testimonianze di quella leggendaria giornata del 1503: dalla Cantina della Disfida, ovvero la taverna dove secondo la tradizione avvenne l’offesa che diede origine alla sfida, fino al ricordo popolare che fa della Disfida di Barletta un vero patrimonio identitario locale e nazionale.
In definitiva, Ettore Fieramosca incarna il connubio tra storia e mito. La sua vicenda personale – dal coraggio dimostrato nell’arena di Barletta alla fermezza con cui difese il proprio onore nelle vicissitudini successive – lo ha reso un simbolo di lealtà, valore e amor di patria. Ancora oggi, a oltre cinque secoli di distanza, il suo nome richiama alla mente l’idea che gli italiani, uniti, possono affrontare qualsiasi sfida. Fieramosca continua a vivere nelle pagine dei libri, nelle pellicole dei film e nelle piazze delle città, eroe senza tempo di un’Italia che affonda le proprie radici in esempi di coraggio e dignità come il suo.
Commenti
bellissimo
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